Estratto dal volume speciale Vincenzo Pacetti, Roma, L’europa all’epoca del Grand Tour (2017)

Tra le molte attività legate al mondo della scultura che hanno interessato la complessa personalità di Vincenzo Pacetti quella di scultore d’invenzione è stata sino ad ora la meno indagata. Fu Hugh Honour nel 1960 a riportare alla luce il ruolo di Pacetti come scultore d’invenzione durante il lungo pontificato di papa Pio VI Braschi. Da quel lontano 1960 poco altro è stato fatto. Il saggio di Francesco Leone, dunque, ripercorre per la prima volta in tempi moderni l’intera vicenda creativa di Pacetti, influenzata agli esordi da un incrollabile retaggio barocco e poi, via via, sempre più orientata verso l’avanguardia neoclassica che da Roma, emporio mondiale delle arti, si propagò in tutt’Europa nel corso degli anni ottanta del Settecento. Testimone oculare della “felice rivoluzione nelle arti” operata da Antonio Canova, in un periodo in cui la scultura tornò a detenere il primato tra le arti grazie all’emulazione degli antichi e a un riscoperto ruolo civile, Pacetti operò in molti generi della scultura: dalla decorazione alle memorie sepolcrali, dalla statuaria alla ritrattistica di natura celebrativa. Genere, quest’ultimo, in cui ci ha lasciato dei veri e propri capolavori sospesi tra il reale e l’ideale.

Vincenzo Pacetti as sculptor: Ornament, statues, tomb memorials and portraits